Nel Vangelo di oggi Gesù esclama: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11,28-30).
Si rivolge a ciascuno, perché tutti in un modo o nell’altro, per un motivo o per un altro, in un momento o in un altro della vita attraversiamo momenti di sconforto, di stanchezza e difficoltà.
Quando le forze sembrano venire meno, quando stiamo per mollare tutto, quando ci sentiamo soli a combattere contro le avversità, quando il buio della notte sembra non lasciare intravedere la luce di un nuovo giorno, Gesù ci consola ricordandoci che veglia per noi e combatte con noi.
Nell’invito risaltano tre verbi all’imperativo: Venite, prendete, imparate. Sono le tre condizioni per trovare “ristoro” .
Innanzitutto chiede di andare a lui. Nelle difficoltà, infatti, spesso ci allontaniamo, lo bestemmiamo, lo rinneghiamo, o cerchiamo ristoro andando altrove (maghi, indovini, oroscopi, ecc.) e in altre esperienze (alcool, sballo, solitudine, ecc.). È come avere sete e tentare di dissetarsi bevendo l’acqua del mare: pura illusione, vera follia! Se vogliamo ristoro dobbiamo andare a Gesù nella preghiera, presentare a lui, cuore a cuore, ciò che ci turba, sapendo che solo lui può dare pace, illuminare le scelte da fare e dare la forza di portarle avanti.
Il secondo invito per trovare ristoro nelle difficoltà è “prendere” il suo giogo. Quest’immagine biblica richiama la necessità di accogliere il pensiero divino e sforzarsi di vivere la situazione di difficoltà rimanendo fermi nella volontà di Dio, senza deviare da essa ne a destra ne a sinistra. È nella volontà di Dio, infatti, che discende su noi la sua benedizione.
Terzo verbo è “imparare”, prendere esempio della mitezza e umiltà di Gesù. Sono queste due virtù che permettono di imitarlo nel cammino seguendo le sue medesime orme.
Don Michele Fontana