Con la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo si conclude l’anno liturgico.
Quasi accompagnandoci per mano, nel Vangelo che sarà proclamato a Messa, Luca mostra il vero luogo della regalità di Gesù: la Croce.
Così scopriamo che il castello del nostro re è il Calvario; il suo trono, la Croce; la corona, il serto di spine, lo scettro, i Chiodi.
Posto in alto.
Spogliato di tutto.
Deriso da tutti.
Anche un malfattore lo prende in giro: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi“.
Un secondo crocifisso che sente queste parole rimprovera l’amico: “Non ha fatto nulla di male“.
E poi si rivolge al Signore chiedendogli di ricordarsi di lui nel suo Regno.
Una preghiera inaspettata, improvvisata, che strappa la promessa delle promesse: “Oggi sarai con me in paradiso“.
Anche sulla Croce, nella sofferenza più grande, Gesù non finisce di amare.
Ecco, dunque chi è il nostro re: una persona che non fa nulla di male; anzi, ama spudoratamente.
Il suo regno irrompe nel mondo ogni volta che qualcuno, in lui, decide di non fare nulla di male e amare a senso unico.
Questa decisione si rafforza ogni volta che recitiamo il Padre nostro: “venga il tuo regno“.
Da “venga al tuo regno” (del buon ladrone) a “venga il tuo regno” (del Padre nostro)
Le due invocazioni sono conseguenza l’una dell’altra.
Don Michele Fontana