Quando uno studente è interrogato, ha già pronte mille scuse per giustificare la sua impreparazione. Alcune di esse sono simpaticamente fantasiose, altre sono drammaticamente bugiarde, come quelle del parente che sta male o addirittura è in fin di vita; altre ancora si appellano al fatto che il docente chieda argomenti non trattati precedentemente, o che non ci sia stato tempo per prepararli.
L’intento di tutte le giustificazioni, in ogni caso, è scusare l’impreparazione attribuendola ad altri o ad altro.
Non c’è, invece, alcuna discolpa quando il docente informa con netto anticipo chi interrogherà, quando lo farà e cosa chiederà.
Quest’immagine scolastica può fare da background alla meditazione del Vangelo di oggi (Matteo 25,31-46) in cui è riportato il famoso discorso di Gesù sul Giudizio ultimo:
“Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: ‘Venite, benedetti del Padre mio … perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi’ … Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: ‘Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere …“.
Ritornando all’analogia di partenza, con queste parole Gesù comunica in anticipo
– chi sarà “interrogato”: tutti noi, nessuno escluso;
– quando sarà “interrogato”: quando ci presenteremo al cospetto di Dio;
– quale sarà l’argomento: saremo tutti giudicati sull’amore!
Nessuno potrà accampare scuse.
Nessuno potrà dire di essere stato preso alla sprovvista, o di essersi preparato su altri argomenti (ad esempio quanti Rosari ha recitato, quanti pellegrinaggi ha fatto, quanti digiuni ha seguito, ecc.), perché l’unico argomento sarà l’amore. Un amore verso persone concrete, fatto di gesti concreti: “avevo fame… avevo sete… e tu mi hai dato…”.
Don Michele Fontana.