Oggi con la Chiesa celebriamo la solennità di Tutti i Santi.
In Oriente la festa, già dal IV secolo (quasi millesettecento anni fa), era collocata la domenica dopo Pentecoste.
In Occidente la diffusione è legata alla trasformazione del Pantheon di Roma in basilica cristiana, e la sua conseguente dedicazione a Santa Maria e a tutti i Martiri (siamo nell’anno 609).
Circa duecento anni dopo, la festa fu estesa da papa Gregorio IV a tutto l’Occidente.
Il messaggio della solennità lo possiamo cogliere nel Prefazio recitato dal sacerdote che presiede la S. Messa di oggi, in cui siamo invitati a contemplare la Città del Cielo dove i Santi glorificano in eterno il nome di Dio.
Anche noi, pellegrini sulla terra, giungeremo a quel traguardo se seguiremo le tracce impresse da Cristo Gesù nel solco della storia, sforzandoci di imitarne l’esempio con l’aiuto della sua grazia.
Secondo la Liturgia della Parola, i Santi sono una moltitudine immensa di ogni popolo, lingua e razza, che “hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello”.
Si è santi non per “dono naturale di una vita straordinaria” (capacità innate di fare miracoli, compiere guarigioni, leggere i cuori, avere la bilocazione, e altro), ma per “dono soprannaturale in una vita ordinaria”, cioè per grazia, perché si lascia che il Signore “lavi” le nostre vesti, il nostro cuore, le nostre menti, le nostre azioni per purificarci e renderci sua presenza nel nostro mondo.
La santità, dunque, è accoglienza di un dono che rende accoglienti verso Dio, il creato, l’umanità.
La sua radice è l’amore di Dio Padre che ci ha resi figli mediante il Battesimo, partecipi sin d’ora della sua vita.
La via, invece, sono le Beatitudini che Gesù ha percorso fino in fondo e ora propone a ciascuno come cammino per essere felici e rendere felici.
Don Michele Fontana