Il racconto della guarigione del cieco nato, che occupa l’intero nono capitolo del vangelo di Giovanni, fa da riferimento a questa quarta domenica di Quaresima.
Gesù incontra un uomo, cieco fin dalla nascita. Sputa per terra. Fa del fango con la saliva. Gli spalma il fango sugli occhi e gli dice: “Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe”. Quegli va, si lava e torna che ci vede.
Alla vista degli occhi corrisponde quella della fede, anch’essa in crescendo: prima per quell’uomo Gesù è un semplice viandante, poi lo riconosce come “profeta“, successivamente parla di lui come “inviato di Dio“, e infine “Figlio dell’uomo” (titolo del Messia) e “Signore“.
Il brano è da sempre inserito nel cammino quaresimale come riferimento nella catechesi per chi si prepara al Battesimo.
L’atto di fede a cui arriva il cieco nato («Io credo, Signore!»), infatti, costituisce il culmine dello stesso rito battesimale espresso nella rinnovazione delle Promesse e, simbolicamente, nella consegna del cero acceso, immagine evidente della fede da accogliere, alimentare e donare.
Anche noi a causa del peccato originale siamo nati “ciechi” ma nel fonte battesimale siamo stati illuminati dalla grazia di Cristo.
Il peccato tuttavia tenta continuamente di oscurare in noi la luce della fede, della gioia, dell’amore, della pace, della verità, facendoci scivolare nell’oscurità.
Gesù viene in questi giorni quaresimali a ridarci la vista, a riaccendere la fiamma che si sta assopendo, a rinvigorire la luce che si sta spegnendo in noi. Lasciamoci toccare dalla sua misericordia.
Don Michele Fontana