Ai tempi di Gesù, alla morte del padre, terra e casa spettavano al figlio maggiore; gli altri potevano condividere una parte dei beni rimanenti.
Nel Vangelo di oggi, un uomo chiede al Signore di intervenire per risolvere la lite con il fratello sulla spartizione dell’eredità.
Richiesta che Gesù rifiuta di esaudire: “O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?”.
Aveva colto in quell’appello, non desiderio di giustizia ma sete di possesso.
Brama e cupidigia, quando s’insinuano nel cuore alimentano conflitti, discussioni, separazioni; accecano gli occhi e impediscono di riconoscere anche il proprio sangue.
Quante famiglie divise per questioni di eredità!
Ecco perché Gesù ammonisce: “Fate attenzione e guardatevi da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che possiede”.
È un avvertimento affinché la seduzione del possesso e dei beni non deteriori il cuore e distrugga i rapporti, dal momento che facilmente ci illudiamo che la pienezza della vita venga da ciò che possediamo, o addirittura facciamo credere di possedere (vedi post sui social), e non da ciò che siamo veramente.
Riguardo l’eredità, poi, mi sento di aggiungere che quanto riceviamo nei genitori è certamente più importante di quanto riceviamo dai genitori; ciò che lasciamo nei figli è molto più utile di ciò che lasciamo ai figli.
Don Michele Fontana