Quando il futuro profeta d’Israele, Samuele, era fanciullo, viveva nel santuario e serviva il Signore. Una notte si sentì chiamare per nome per tre volte. Credendo fosse il sacerdote Eli, ogni volta andò da lui, scoprendo invece che non lo cercava.
La terza volta Eli comprese che era il Signore a chiamare il giovane e gli disse: “Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”.
Samuele andò a dormire al suo posto, e quando si sentì nuovamente chiamare rispose: “Parla, perché il tuo servo ti ascolta”.
Il racconto biblico, offerto nella Liturgia di oggi, conclude dicendo che “Samuele crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole” (1 Samuele 3,1-20).
Con questa straordinaria “chiamata” il giovane Samuele conobbe la sua vocazione, riconoscendone l’origine divina.
Comprese, inoltre, che avrebbe potuto vivere la missione profetica affidatagli dal Signore solo se prima di ogni cosa si fosse messo in ascolto di lui: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”.
Dall’altra parte il Signore vedeva che Samuele ascoltava la sua parola, e anche lui ascoltava la parola di Samuele: “né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole”.
Quanta grazia e quanta benedizione si spargerebbero nella nostra vita come benefica rugiada mattutina se anche noi decidessimo, imitando Samuele, di metterci in ascolto del Signore prima di ogni giornata, prima di ogni attività, prima di ogni incontro. “Parla. Signore, perché il tuo servo ti ascolta”.
Noi ascolteremo il Signore e lui ascolterà noi: “non lascerà andare a vuoto una sola delle nostre parole (preghiere).”
Don Michele Fontana