Per gli ebrei il nome non è soltanto una parola con cui identificare qualcuno. Chi non ha un nome non esiste, perché esso presenta l’essenza stessa della persona, la sua natura, la sua forza, la sua attività.
Così, rivolgersi a Dio dicendo “Sia santificato il tuo nome”, in verità significa invocare la santificazione della sua persona nella propria vita, nelle proprie parole, nelle proprie opere.
Nel Vangelo di oggi, quando i settantadue discepoli mandati in missione da Gesù, tornarono pieni di gioia per i grandi prodigi cui avevano assistito, egli disse loro: «Non rallegratevi perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».
Secondo quanto appena detto, dunque, Gesù li invita a rallegrarsi perché il loro nome, la loro persona trova posto nel cuore di Dio.
Con questa chiave di lettura acquista nuovo senso l’invocazione del Padre Nostro “Sia santificato il tuo nome”. In essa c’impegniamo a scrivere il nome di Dio sotto il nostro cielo, dando spazio alla sua persona nel nostro cuore; il Signore scriverà il nostro nome nel suo Cielo, il Paradiso, dando spazio alla nostra persona nel suo cuore.
Con questa convinzione recitiamo oggi il Padre Nostro, chiedendoci prima cosa significhi per noi scrivere il nome di Dio nella nostra vita.
Don Michele Fontana