La domenica immediatamente successiva al Natale, la liturgia propone la festa della” Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe”.
Quest’anno il brano del Vangelo proclamato all’interno delle sante Messe ripresenta la narrazione del viaggio dei tre verso Gerusalemme per la festa di Pasqua.
Durante il ritorno dal pellegrinaggio qualcosa non va: i genitori si accorgono che il figlio dodicenne non è nella carovana. Dopo tre giorni di affannosa e timorosa ricerca, lo trovano nel tempio, seduto tra i dottori, intento a parlare.
Alla vista del Figlio, Maria e Giuseppe “restarono stupiti“.
Dopo tre giorni interminabili di angoscia, come testimonia lo stesso brano evangelico, e di immaginabile trepidazione, il primo sentimento che provano nel rivedere il figlio non è, forse comprensibilmente, irritazione ma “stupore”.
Così scopriamo che nella famiglia di Nazareth lo stupore, che l’accompagna fin dagli albori, non è mai venuto meno, neanche in momenti drammatici come questo.
È lo stesso stupore, tra l’altro, che s’irradia sui volti dei dottori nel tempio, affascinati dalla “sua intelligenza e dalle sue risposte“.
Ma cos’è lo stupore? Il lemma, stando all’etimologia, indica una reazione a qualcosa d’inaspettato, e contemporaneamente un lasciarsi meravigliare dal bello che vi si riscopre.
“Se non sei in grado di provare né stupore né sorpresa sei per così dire morto, i tuoi occhi sono spenti“, scrisse Albert Einstein. Essere capaci di stupirsi, dunque, significa avere occhi vivaci, che riescono a vedere oltre il visibile, e lasciarsi meravigliare da quello sguardo.
Stupirsi è il contrario di dare tutto per scontato, d’interpretare la realtà e gli avvenimenti solo secondo i propri criteri.
Stupirsi porta ad aprirsi agli altri e comprendere le loro ragioni.
Quest’attitudine a “stupirsi” nel contesto della festa odierna è proposta a modello di ogni famiglia, come stile di vita capace di sanare rapporti compromessi e guarire ferite aperte.
Quando ci sono problemi nelle famiglie, nelle amicizie, nei gruppi, in ogni realtà umana, si dà presto per scontato di avere ragione e si chiude la porta agli altri. L’atteggiamento di stupore, invece, invita a cercare cosa c’è di buono nelle affermazioni e nei comportamenti dell’altro, per disporsi in atteggiamento positivo e accogliente.
Don Michele Fontana