Nel Vangelo odierno continua il faccia a faccia tra Gesù e i suoi oppositori.
Il tranello che questa volta preparano riguarda la liceità o meno di pagare la tassa all’imperatore di Roma, al quale era assoggettata la Palestina.
Gesù approfitta dell’insinuazione maliziosa per dare un insegnamento che si eleva al di sopra degli opposti schieramenti.
Dice ai farisei: “Mostratemi la moneta del tributo“.
Gli presentano un denaro, e Gesù, osservando la moneta, domanda: “Di chi è questa immagine e l’iscrizione?“.
I farisei non possono che rispondere: “Di Cesare“.
Gesù conclude: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio“.
Il riferimento all’immagine di Cesare, incisa nella moneta, permette di sottolineare che è giusto sentirsi a pieno titolo, con diritti e doveri, cittadini dello Stato; ma simbolicamente fa pensare all’altra immagine che è impressa in ogni uomo: l’immagine di Dio.
La risposta alla domanda si trasforma, quindi, in un duplice interrogativo per tutti noi:
A chi appartengo?
A chi appartiene la persona che mi sta di fronte?
Alla famiglia, alla città, agli amici, alla scuola, al lavoro, alla politica, allo Stato? Sì, certo.
Ma prima di ogni cosa, qualunque sia il colore della pelle, il popolo di appartenenza, il credo religioso, l’orientamento politico, l’identificazione sessuale, le conoscenze acquisite, i pregi e i difetti, le abilità e le disabilità, ciascuna persona appartiene a Dio, ne porta l’immagine.
Se ogni persona che incontro è a immagine di Dio, significa che per me deve essere luogo sacro, terra santa, mistero stupendo.
Don Michele Fontana