Maria era promessa sposa di Giuseppe.
Prima che andassero a vivere insieme rimase incinta, e non da lui. Giuseppe, definito nel Vangelo “uomo giusto”, non voleva accusarla pubblicamente di adulterio, perché le sarebbe costata la lapidazione. Pensò, così di ripudiarla in segreto.
Mentre stava considerando queste cose, gli apparve in sogno un angelo che gli disse di non temere di prendere con se Maria come sposa: il bambino veniva dallo Spirito Santo.
Meditando il brano comprendiamo in cosa consiste la “giustizia” di Giuseppe: non nell’osservanza rigorosa delle leggi, ma nella ricerca del bene supremo di Maria e del Bimbo.
Giuseppe è uomo giusto perché dinanzi a una situazione difficile da comprendere, cerca di affrontarla seguendo la strada del bene.
Giuseppe è uomo giusto perché sa che solo il Signore può rivelargli questa strada, e si mette in preghiera nella ricerca di tracce che possano indicarne la volontà.
E il Signore gli risponde mandandogli l’angelo. D’altronde Gesù lo proclamerà a tutti nel discorso della montagna: “Chi ha fame e sete di giustizia sarà saziato”.
A me piace pensare che Gesù, crescendo, abbia imparato a conoscere il volto del suo Padre celeste anche ascoltando la narrazione di questo episodio della propria nascita.
Non poteva non vedere nella “giustizia” del padre terreno i lineamenti di Dio colui che si rivolgeva a Dio con il nomignolo affettuoso che dava al padre terreno: papà (Abbà).
Quando, poi, da grande inizierà la proclamazione pubblica del regno dei Cieli, sarà insistente in lui il richiamo a un Dio in cui la giustizia si colora di “misericordia e non di sacrificio”, per il quale l’uomo è più importante dell’osservanza della legge del Sabato.
Don Michele Fontana