Il Libro di Giona è un testo della Bibbia che narra dell’omonimo profeta ebraico che vide l’irrompere del Signore nella propria vita per inviarlo a Ninive, capitale del regno Assiro, acerrima nemica del popolo di Israele. Avrebbe dovuto annunciare la distruzione della città entro quaranta giorni a causa dei tanti peccati che vi si perpetravano.
Giona era consapevole che, qualora la città si fosse convertita a motivo del suo monito, il Signore misericordioso avrebbe desistito dal proposito nefasto. Per questo rifiutò di andare: non voleva essere causa della salvezza dei sui nemici.
Scappò lontano: Ninive si trovava all’estremo oriente, egli s’imbarcò verso l’estremo occidente; raggiunse Tarsis (probabilmente l’odierna Gibilterra), considerata alla fine del mondo allora conosciuto.
Ma il Signore intervenne ancora una volta. La sua nave fu investita da un violento temporale fino a rischiare di affondare. Giona svelò ai marinai che quel nubifragio era da attribuirsi al suo rifiuto di obbedire al Signore. Venne, così gettato in mare e un grande pesce lo inghiottì. Dal ventre del pesce, dove rimase “tre giorni e tre notti“, rivolse a Dio un’intensa preghiera. Il pesce lo vomitò sulla spiaggia e, pentito, si recò finalmente a Ninive. Come egli stesso aveva previsto, gli abitanti nell’ascoltarlo si convertirono, e il Signore desistette dai suoi propositi.
Questa storia fa da riferimento alle Letture liturgiche di oggi. Nella prima lettura è proclamato un brano riassuntivo del Libro di Giona (3,1-10), nel Vangelo è Gesù stesso che richiama l’esperienza del profeta (Luca 11,29-32).
“Come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione … Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono“.
A coloro che chiedono a Gesù un segno che attesti la sua autorità divina, egli risponde che sarà dato il “segno di Giona“.
Nel raccontare quest’episodio, l’Evangelista Matteo, riporta altre parole di Gesù: “Come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così il Figlio dell’uomo starà nel cuore della terra tre giorni e tre notti“.
Il segno evidente della divinità di Gesù è visto chiaramente nella sua morte e risurrezione.
Nel Vangelo secondo Luca, proclamato oggi, il segno è invece visto nella conversione di Ninive, o meglio, nella misericordia di Dio.
C’è una grave malattia che ci minaccia quotidianamente: la “sindrome di Giona“, quella che ci fa sentire perfetti e puliti come appena usciti da una tintoria, al contrario di quelli che giudichiamo peccatori e dunque condannati ad arrangiarsi da soli, senza il nostro aiuto.
Gesù invece ricorda che per salvarci è necessario seguire il “segno di Giona“, cioè la misericordia del Signore.
Il segno che Gesù promette è il perdono e la misericordia di Dio in ogni situazione della nostra vita.
Don Michele Fontana