La lettura di oggi riporta uno stralcio del breve biglietto di Paolo a Filemone.
Si tratta di un uomo ricco, convertito dall’Apostolo insieme alla famiglia, e ora anche suo collaboratore.
Un suo schiavo, Onesimo, è fuggito, e secondo la legge romana potrebbe essere punito con la morte.
Paolo lo incontra, molto probabilmente a Roma, e converte pure lui alla fede.
Con questo biglietto lo rimanda al padrone, sollecitandolo ad accoglierlo, non più come schiavo ma come “fratello carissimo” in Cristo.
La fraternità spezza la relazione padrone-schiavo. Per questo, Paolo non supplica soltanto che Filemone rinunci a punirlo, ma anche che lo accolga come parte della propria famiglia. Ogni uomo è figlio di Dio, sua immagine, e destinato alla comunione piena con Lui.
Lo scritto non propone una soluzione paternalistica, ma radicale: d’ora in poi lo schiavo andrà considerato fratello; il cristiano si dovrà schierare in prima linea nella difesa della libertà, dei diritti, della dignità di ogni uomo.
Una vera e propria rivoluzione culturale e sociale che parte non da una dissertazione sociologica sulla schiavitù, ma dalla concretezza del cuore di Cristo che spinge Paolo a muoversi mettendo la faccia, impegnando il proprio nome, scrivendo di proprio pugno, saldando di persona eventuali debiti.
Così, a Filemone dona la possibilità di vedere come egli agisce, perché agisca come egli vede, secondo il suo pensiero, che è il pensiero di Cristo.
Questo potrebbe essere un insegnamento che la meditazione del brano offre. Dovunque ci troviamo, in qualsiasi contesto, qualunque siano i mezzi che utilizziamo, dinanzi alle sfide culturali e sociali, dinanzi a modi di pensare e vivere non coerenti con i valori della persona umana, diamo il nostro esempio.
La testimonianza è la più incisiva arma rivoluzionaria in ogni ambito sociale, dai piccoli nuclei familiari, ai grandi contesti umani.
Don Michele Fontana