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La più bella storia d’amore

Rivolgendosi ai discepoli Gesù dice: “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna”.
Questi primi vent’anni di sacerdozio sono in me una chiara testimonianza di quanto questa promessa sia vera, soprattutto per chi decide di accogliere la chiamata a una speciale consacrazione.
Vent’anni fa pensavo di lasciare la famiglia per Gesù, e ora mi accorgo come sia stato lui a darmene altre cento, senza togliermi la mia. Famiglie che mi sentono parte di loro, mi accolgono, condividono con me gioie, dolori, speranze, feste, lutti.
Vent’anni fa credevo di abbandonare il sogno di una casa, e ora vedo come lui me ne abbia dato cento, senza togliermi la mia. Cento case… le vostre (dei parrocchiani), con le porte sempre aperte, come i vostri cuori, pronte per accogliermi.
Vent’anni fa abbandonavo definitivamente ogni desiderio di ricchezze, come i campi di cui parla Gesù, ora se apro gli occhi vedo che non solo la Provvidenza non mi fa mancare niente, ma Gesù mi dona quotidianamente il centuplo nella condivisione dei beni che voi fate, a partire dal cibo che silenziosamente mi offrite come al più caro dei vostri figli.
Rivedendo questi vent’anni posso dire che il sacerdozio sia la più bella e intensa storia d’amore.
Oserei dire: un amore sponsale.
Nel secondo racconto della creazione Dio afferma qualcosa che Gesù riferirà al matrimonio:
L’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne”.
Questo mistero sponsale raggiunge vette inimmaginabili nel sacramento dell’Ordine tanto che potrei rileggere il versetto sostituendo i nomi con il mio e quello del Signore.
Già al momento della mia “creazione”, del mio concepimento, il Signore disse:
Michele abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a Gesù, e i due saranno una sola carne”.
In questi vent’anni di sacerdozio io e Gesù, assolutamente per nessun merito mio, nella celebrazione dei sacramenti siamo diventati una sola carne, un solo corpo.
Ancora non riesco ad abituarmi, mi trema la voce e il fiato viene meno quando agendo in persona Christi dico “Io ti assolvo” o “Io ti battezzo” sapendo che in quel momento il mio corpo, le mie mani, la mia voce diventano suo corpo, sue mani, sua voce.
L’emozione si fa ancora più forte, stringe il cuore e inumidisce gli occhi a ogni Messa durante la Consacrazione quando ripeto: “Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio Corpo”.
Indico l’Eucaristia, e ripeto con Gesù: “Questo è il mio Corpo”!
Queste parole le gusto dolcemente nel cuore subito dopo, quando ostendo il Santissimo Sacramento, presentandolo all’assemblea. Mi tremano i polsi nel pensare che Gesù in me mostra il suo Corpo eucaristico ai fedeli perché sia mangiato, e contemporaneamente Gesù eucaristia mostra ai fedeli me, come suo “corpo”, per essere spezzato d’amore.
Sì, il sacerdozio è la più bella storia d’amore, e di essa Gesù me ne ha fatto dono nonostante i miei limiti, i tratti brutti del mio carattere, i miei difetti, i miei continui peccati.
Il sacerdozio è la più bella storia di amore, e per questo oggi ringrazio con voi il Signore.
Amen.