Il re Erode aveva fatto arrestare Giovanni Battista per il fatto che questi gli contestava la relazione illegittima intrattenuta con la cognata. Erodiade, infatti, benché fosse moglie di suo fratello Filippo, viveva una tresca amorosa con lui.
Nonostante queste relazioni fossero chiaramente condannate dalla Legge di Mosè, nessuno osava proferire parola, un po’ per timore della reazione del tiranno, un po’ per connivenza.
Solo Giovanni Battista osava condannare, profeticamente, l’illiceità della storia amorosa. Per questo Erodiade lo odiava e voleva farlo uccidere. L’occasione propizia fu presentata da un banchetto tenuto a corte durante il quale Salomè, figlia della fedifraga, danzò e piacque a Erode e ai commensali, tanto che il sovrano promise di concederle tutto quanto avesse chiesto “fosse anche la metà del regno”. D’accordo con la madre, Salomè chiese la testa di Giovanni il Battista.
La storia e il comportamento di Erode ed Erodiade sono un continuo richiamo alla coscienza per ciascuno di noi. Essi, infatti, mostrano come la nostra umanità di fronte ai peccati ci spinge non a detestare gli sbagli, ma chi ci ricorda di aver sbagliato, non ad eliminare gli errori, ma chi ci ricorda di aver errato, siano persone, luoghi, eventi, oggetti o esperienze.
Basta fare un breve esame della nostra vita per rendercene conto.
Don Michele Fontana