In continuità con il Vangelo delle ultime domeniche, il brano proclamato oggi a Messa narra la reazione della folla all’insegnamento di Gesù.
“Si misero a mormorare perché aveva detto: Io sono il pane disceso dal cielo”.
L’incapacità di passare dal segno del pane moltiplicato alla verità sulla sua persona, li porta a indurire il cuore.
“Non indurite il cuore come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto”, recita il salmo riferendosi a un’altra mormorazione popolare, quella contro Mosè.
Difatti, il termine mormorare sembra riprendere il racconto biblico della manna, che è l’orizzonte dell’intero discorso di Gesù.
Cosi la storia si ripete: quando manca la fiducia in Dio, alla prima difficoltà, si è pronti a insorgere contro di lui.
L’immagine della mormorazione mostra anche quella lamentela strisciante e nascosta che fa da sottofondo a ogni sforzo e attività umana, scavando lentamente profonde divisioni e consumando il cuore delle persone.
Nel nostro tempo la mormorazione passa velocemente dalla bocca alla tastiera, per attaccare ogni scelta politica, amministrativa, sportiva, familiare.
In una società in vistoso decadimento etico, la mormorazione si trasforma in facili insulti e gratuite calunnie verso chiunque la pensa diversamente. Basti pensare a quanto avviene sui social tra le diverse fazioni pro e contro il vaccino, pro e contro il green pass.
Non illudiamoci: dove c’è mormorazione non si ascolta il sussurro di Dio. Soprattutto se a mormorare (o insultare, calunniare e offendere) sono persone di fede.
Sac. Michele Fontana