Nel vangelo di oggi troviamo quello che viene definito il “Magnificat di Gesù”: una preghiera di esultanza fatta al ritorno dei discepoli inviati in missione.
“In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli…”.
Nel Vangelo di Luca l’esultanza appare tre volte nel primo capitolo:
– “Avrai gioia ed esultanza”, dice l’angelo Gabriele a Zaccaria;
– “Il bambino ha esultato di gioia”, dichiara Elisabetta a Maria;
– “Il mio spirito esulta in Dio”, canta Maria.
Negli altri scritti del Nuovo Testamento è sempre sinonimo di gioia ed è presentata come nota caratteristica della comunità cristiana.
Ad esempio , negli Atti degli Apostoli si dice che i fedeli prendono i pasti con esultanza (At 2,26, che cita il Salmo 16,9), e nella Prima Lettera di Pietro, che sono abitati dalla gioia:
“Siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po’ afflitti da varie prove”.
Quest’ultima citazione può offrire una luce di speranza anche nelle situazioni di sofferenza e difficoltà che stiamo attraversando.
Come è possibile? Aiuta nella risposta il brano evangelico in cui si sottolinea che questa esultanza avviene “nello Spirito Santo”. Una presenza da invocare, riconoscere, alimentare e accrescere ogni giorno nella preghiera.
Ritorniamo al testo. Gesù esulta per i “piccoli”, perché il Padre ha rivelato loro i misteri del Regno.
La comprensione del cuore di Dio non è frutto di studio e ragionamenti umani; non è una deduzione ma un salto che può fare solo chi si affida al Signore “come bimbo svezzato in braccio a sua madre” (Salmo 130).
Gesù vede i piccoli, i disprezzati per la loro precarietà fisica, intellettiva, economica, culturale e religiosa, diventare primi; destinatari della rivelazione del Padre; suoi confidenti!
Il povero non è colui che Dio colma di benedizione perché possa giungere al livello del ricco, ma è il ricco che deve raggiungere l’abbandono in Dio del povero per essere benedetto; il piccolo non è l’ignorante che il sapiente deve istruire, ma il maestro da cui il sapiente può imparare; il debole non è l’impotente cui il più forte concede protezione, ma è l’oggetto del sostegno divino, di cui anche il potente ha bisogno.
Don Michele Fontana