Gesù, nella sinagoga di Nazaret, aveva commentato un brano del profeta Isaia che preannuncia la figura del Messia.
Le sue parole suscitano un’iniziale reazione positiva. Ma lo stupore non tarda a trasformarsi in ostilità: di lui i concittadini conoscono le umili origini; come può assurgersi a maestro?
Di fronte a questa situazione, Gesù provoca i suoi ascoltatori riportando due proverbi.
“Certamente voi mi citerete questo proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!“.
Il secondo è: “Nessun profeta è bene accetto nella sua patria“.
Poi chiarisce meglio il concetto riferendo due episodi del passato relativi ai profeti Elia ed Eliseo in cui risulta chiaro che Dio estende la grazia anche al di fuori di Israele.
All’udire quelle parole tutti si sdegnano e si alzano per cacciarlo fuori dalla città. Lo conducono fin sul ciglio del monte e cercano di gettarlo giù.
Ma egli, “passando in mezzo a loro, si mise in cammino“.
Questo versetto, che conclude la lettura liturgica, dona un’informazione di cronaca relativamente a quanto avvenuto, ma offre anche un chiaro messaggio teologico: non è ancora giunta la sua ora, per questo nessuno può fargli del male; la sua vita è nelle mani di Dio.
Quando anche noi ci poniamo nelle mani del Signore, è lui a guidare il cammino della nostra vita, e non la cattiveria degli altri.
Mettiamoci in cammino con Gesù!
Chiediamogli di percorrere con i suoi passi i nostri sentieri.
Quando attraversiamo situazioni di ostilità e difficoltà, tendiamogli, fuduciosi, la mano, e lui ci farà passare in mezzo ad esse, conducendoci fuori.
Don Michele Fontana