Per Pasqua i Giudei erano soliti recarsi al tempio di Gerusalemme portando offerte.
In una di queste festività avvenne qualcosa di strano che se non fosse riportato nei Vangeli stenteremmo a crederci: Gesù, vedendo gente che vendeva animali da sacrificare, e cambiamonete per consentire di comperarli, fece “una frusta di cordicelle” e scacciò tutti fuori dal luogo sacro.
Ma come: Gesù non è uomo di pace? Certo, ma non come lo intendiamo noi. Egli infatti spiegherà: “Non sono venuto a portare la pace sulla terra, ma la spada”.
Per noi la pace è semplice assenza di guerre e liti in nome della quale è necessario lasciare le cose come sono, anche se incancrenite da ingiustizie e soprusi.
Tutt’al più possiamo pregare!
Ma questa è la pace delle lacrime; la pace dei cimiteri; la pace della paura.
La pace di Gesù, invece è gioia, vita vera, giustizia per tutti. E per conquistarla qualche volta occorre scardinare lo “status quo”, gridando con la voce dei profeti e il coraggio dei martiri.
Nel tempio di Gerusalemme, ogni giorno, alle nove del mattino e alle tre del pomeriggio veniva ucciso un agnello. Era espressione di un culto al Signore attraverso il sacrificio: Dio si faceva amico offrendogli una preghiera, parte del raccolto, un capo di bestiame.
Il gesto di Gesù è segno che è finito il tempo di un culto legato a sacrifici e offerte di cose per piacere a Dio. Ora non si va al tempio per ingraziarsi il Signore, ma per ringraziare il Signore.
E il tempio dove ringraziarlo è il “corpo” di Cristo che incontriamo nella vita di ogni uomo, cui offrire il sacrificio del nostro amore.
Don Michele Fontana