Il centro liturgico di questo giorno, mesto e santo nello stesso tempo, è la Liturgia della Passione nella quale Gesù abbraccia la Croce e si lascia inchiodare su di essa, donando la vita per ogni uomo, in ogni chiesa o luogo in cui si celebra il memoriale.
Siamo al centro del Triduo Pasquale!
La funzione inizia in modo strano, tanto che una volta in calabrese era chiamata “Missa ala storta” (Messa al contrario).
La diversità parte già dall’introito, in cui il celebrante accede silenziosamente (senza preghiere o canti) nell’aula liturgica e si prostra a terra per imitare Gesù nell’Orto degli ulivi.
I paramenti rossi, colore del sangue e dell’amore, che avvolgono il sacerdote riverso per terra, richiamano plasticamente fin dove è arrivato quell’abbassamento del Signore: fino a toccare le nostre più infime prostrazioni.
Come restare insensibili davanti a uno che ci ama così?
“Noi tutti – profetizza Isaia, quasi vedendo la situazione fisica, spirituale e sociale in cui ci troviamo – eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada … Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori”.
Ecco il significato di quel gesto: Gesù si prostra nelle nostre prostrazioni per tingerle con il colore dell’amore, e permettere a ciascuno di rialzarsi con lui e in lui.
Per questo, quella preghiera nell’Orto degli ulivi non è mai cessata: continua ogni giorno nei numerosi Getsemani sparsi nel mondo dove la morte semina angoscia, i problemi tolgono la pace, la malattia genera agonia, la solitudine acuisce la disperazione.
Don Michele Fontana