Il brano evangelico che ascolteremo a Messa riporta l’inizio del terzo capitolo del Vangelo di Luca che,
dopo i primi due, introduce la vita pubblica di Gesù.
La narrazione s’intinge, così, di solennità per contestualizzare storicamente l’entrata in scena di Giovanni Battista.
“Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto”.
I sette personaggi presentati sono coloro che erano ritenuti i grandi della Terra, sia dal punto di vista politico, che religioso.
Era il “G7” dell’epoca, composto da chi, secondo la concezione comune, poteva essere scelto da Dio per guidare il mondo nel suo nome e in sua vece.
Luca, invece, sottolinea che la scelta di Dio si posa su un eremita sconosciuto, Giovanni il Battista, nel deserto della Giudea, la periferia della periferia dell’impero.
Questa seconda domenica d’Avvento, dunque, il Vangelo mostra qual è il luogo scelto dal Signore per parlare al cuore di chi ascolta e farsi incontrare da chi cerca: il deserto.
Il deserto suggerisce di uscire dal chiasso della vita e dei social, dalle corse sfrenate, dagli affanni per i mille impegni quotidiani, indicando il silenzio fatto di preghiera e meditazione come luogo dell’ascolto della voce dello Spirito.
Il deserto dice che il Signore non si fa trovare nei progetti di potere, nelle ambizioni di successo, nell’ostentazione della ricchezza e della forza umana, invitando alla semplicità e all’umiltà come terreno fertile per l’agire divino.
Il deserto semplicemente annuncia che Gesù irrompe dentro di noi, nessuno escluso, quando facciamo spazio alla sua voce.
Don Michele Fontana