I Decalogo della Solidarietà
Ispirato alla vita e agli scritti di Raoul Follereau (17.08.’03 – 6.12.’77)
di don Michele Fontana
Se Cristo domani busserà alla tua porta…
Se Cristo, domani, busserà alla tua porta,
Lo riconoscerai?
Sarà, come una volta, un uomo povero,
certamente un uomo solo.
Sarà senza dubbio un operaio,
forse un disoccupato,
e anche, se lo sciopero è giusto, uno scioperante.
O meglio ancora tenterà di piazzare delle polizze
d’assicurazione o degli aspirapolvere…
Salirà scale su scale, senza mai finire.
si arresterà senza fine sui ballatoi,
con un sorriso meraviglioso sul suo volto triste…
Ma la tua porta è così arcigna…
e poi nessuno scorge il sorriso
delle persone che non vuoi ricevere.
«Non mi interessa…» comincerai prima d’ascoltarlo.
Oppure la minuscola governante ripeterà, come una lezione: «La signora ha i suoi poveri».
E sbatterà la porta in faccia al povero
che è il Salvatore.
Sarà forse un profugo,
uno dei quindici milioni di profughi
con un passaporto dell’Onu;
uno di coloro che nessuno vuole e che vagano,
vagano in questo deserto che è diventato il mondo;
uno di coloro che devono morire
«perché dopo tutto non si sa da che parte arrivino
persone di quella risma…».
O meglio ancora, in America, un nero,
un negro, come dicono loro,
stanco di mendicare un buco negli alloggi di New York.
come una volta a Betlemme
la Vergine Nostra Signora…
Se Cristo, domani, busserà alla tua porta.
Lo riconoscerai?
Avrà l’aspetto abbattuto, spossato,
annientato com’è perché deve portare
tutte le pene della terra…
Evvia, non si dà lavoro a un uomo così prostrato…
E poi se gli si chiede:
«Cosa sai fare?». Non può rispondere: tutto.
«Donde vieni?». Non può rispondere: da ogni dove.
«Cosa pretendi di guadagnare?». Non può rispondere: te.
Allora se ne andrà,
più abbattuto,
più annientato.
con la pace nelle Sue mani nude…
Quando la poesia incontra Raoul Follereau diventa profezia (pRoFeta).
E in lui, così come insegnerà don Tonino Bello, questa profezia è fatta di annuncio, denuncia e rinuncia.
– Annuncio. Mise a frutto le capacità poetiche, letterarie e oratoriali attraverso libri, convegni e conferenze. La prima conferenza la tenne a soli 15 anni (a beneficio delle Suore dei Poveri del paese); il primo libro, dal titolo Il libro dell’amore lo scrisse a 17 anni (in esso si trova la frase ispiratrice di tutta la sua vita: “Essere felici è far felici“).
– Denuncia. Viaggiò in tutto il mondo per far conoscere le condizioni disumane dei malati di lebbra e, soprattutto, denunciare le storture sociali che le causano o nascondono. Non risparmiò parole taglienti e denunce aperte (come nei confronti di Hitler nel 1940, che definì “anticristo” in diversi articoli, e per questo costretto alla clandestinità), critiche al mondo politico e alla ricca borghesia, alle organizzazioni sociali e ai comportamenti individuali che generano diseguaglianze, povertà, discriminazioni e malattie, da lui definite altre “lebbre” da combattere.
– Rinuncia. Era convinto che l’impegno di solidarietà non può fermarsi a un semplice moto d’animo, a un obolo fatto per lavarsi la coscienza, e nemmeno o a una, seppur necessaria, preghiera, ma deve trasformarsi in rinunce concrete in favore degli altri. Da qui le molteplici iniziative promosse.
Con la vita, le opere e gli scritti, Follereau non solo ha vissuto la solidarietà, ma ne ha definito profeticamente le caratteristiche, come tanti tasselli colorati che, solo messi insieme, danno vita al mosaico della solidarietà. Di seguito ne riportiamo alcuni, quasi a comporre un “Decalogo della Solidarietà” a lui ispirato.
1. Solidarietà è … fede
Non si può comprendere la vita, lo slancio missionario, la lotta sociale e l’impegno politico di Follereau senza far riferimento alle sue profonde convinzioni cattoliche nelle quali traeva le motivazioni della solidarietà in favore di poveri e ultimi.
2. Solidarietà è … incontro
La spinta all’apostolato tra e per il lebbrosi è data a Follereau certamente dai tanti incontri avuti nella vita. Tra questi ne menzioniamo due ritenuti fondamentali, entrambi avvenuti nel 1935 mentre si trovava in Africa come corrispondente di un giornale argentino.
Il primo fu la scoperta di Charles de Foucauld e la conoscenza della sua vita, del carisma, della lotta a favore dei deboli e della sua morte.
Il secondo avvenne in persona, con alcuni malati di lebbra, nella foresta tropicale della Costa d’Avorio. Le condizioni disumane in cui erano costretti a vivere a causa della paura e dell’ignoranza, lo motivarono a concentrare tutte le energie per combattere a loro fianco.
3. Solidarietà è … informazione
Come primo impegno a favore dei malati di lebbra fu mettere a disposizione le proprie capacità di oratore e scrittore.
Dopo l’incontro della Costa d’Avorio, i suoi scritti e le sue opere furono finalizzati a sensibilizzare l’opinione pubblica e favorire il maggior numero possibile di interventi a beneficio delle vittime di ogni forma di lebbra.
Follereau anche promotore di diversi giornali, come ad esempio il bollettino Amici dei lebbrosi, nato nel 1962, diventato poi Amici di Follereau.
4. Solidarietà è … organizzazione
Consapevole che la solidarietà per essere efficacie non può essere lasciata all’improvvisazione personale, ma deve organizzarsi, nel 1937 creò le Fondazioni Charles de Foucauld, per la diffusione della testimonianza d’amore fraterno.
Nel 1946 fondò l’Ordine della Carità, una libera associazione che dopo qualche anno si trasformerà nell’Associazione Raoul Follereau, mirando ad accomunare coloro che volevano vivere nella carità e condividere i problemi dei più bisognosi.
In seguito diverse altre realtà associative furono da lui promosse, o dal suo carisma ispirate.
Tra queste, nel 1961 si costituì a Bologna un gruppo di missionari comboniani e volontari animati dal suo messaggio e dal suo apostolato. È il primo nucleo di ciò che diventerà l’Associazione italiana Amici di Raoul Follereau (AIFO).
5. Solidarietà è … collaborazione
Nel 1942 venne a conoscenza del progetto per una Città dei lebbrosi che le suore di Venissieux volevano edificare nella foresta vergine della Costa d’Avorio. Offrì disponibilità per la raccolta fondi e, nonostante la guerra, riuscì a tenere diverse conferenze reperendo il denaro necessario per iniziare i lavori, ultimati 13 anni dopo.
6. Solidarietà è … cammino
In seguito al successo della Città dei lebbrosi, ricevette numerose richieste di aiuto da ogni regione colpita dalla lebbra.
Non rinunciava mai a mettersi in gioco in prima persona, andando anche direttamente nei luoghi interessati.
Si calcola che con i suoi viaggi abbia percorso una distanza pari a oltre trentadue volte il giro della Terra.
Il suo anno tipo era suddiviso in due semestri: sei mesi viaggiava nelle nazioni ricche per sensibilizzare le coscienze e denunciare le ingiustizie; gli altri sei mesi raggiungeva le terre in cui si trovavano i malati.
7. Solidarietà è … carità integrale
L’apostolato di Follereau nei confronti dei lebbrosi si volgeva non solo alle attenzioni fisiche, ma abbracciava la totalità delle persone: corpo, psiche, relazioni familiari, riscatto sociale, capacità produttive e lavorative, denuncia dello stigma, dell’indifferenza e delle ingiustizie.
8. Solidarietà è … arte della condivisione
Per aiutare bisognosi e lebbrosi Follereau diede sfogo a tutta la fantasia, inventando forme di raccolta fondi fino allora inesistenti, come vero e proprio “artigiano della carità e della condivisione”.
Nel 1942, ad esempio, lanciò l’Ora dei poveri, attraverso la quale chiese a ciascuno di dedicare almeno un’ora all’anno del proprio salario, guadagno o rendita a favore dei più sfortunati.
Propose anche una Cassa di carità universale alimentata dai servizi universali (telefono, posta e telegrafo); il Buono per la carità consegnato a chi avesse contribuito a un’opera di assistenza; la Casa dell’amico dove si potesse trovare ascolto (peggio della povertà c’è solo la solitudine).
Propose inoltre l’insegnamento ai bambini della fratellanza universale, e la creazione di un servizio civile in sostituzione, almeno in parte, di quello militare.
Nel 1946, in occasione del trentesimo anniversario della morte di Charles de Foucauld, lanciò l’iniziativa Il Natale di Padre de Foucauld in cui chiedeva di condividere la gioia del Natale con i meno fortunati, inviando regali ai bambini più poveri e coinvolgendo le persone anziane, sole o sfortunate nelle famiglie.
Nel 1947 proclamò, per il Venerdì Santo, lo Sciopero generale dell’egoismo, alle 15 (ora della morte del Signore), invitando a dedicare quell’ora ai più diseredati.
Nel 1954 istituì la Giornata mondiale dei lebbrosi, stabilendola nell’ultima domenica di gennaio (quando la liturgia della Chiesa propone il Vangelo in cui Gesù incontra e guarisce i malati di lebbra).
Il contributo del poco di ciascuno può diventare tanto per chi lotta quotidianamente contro la povertà.
9. Solidarietà è … conversione
Convinto che non ci può essere pace senza conversione dalle guerre, nel 1944, alla fine del primo viaggio, inviò una lettera al presidente USA Franklin Roosvelt, con la quale chiese di destinare la cifra equivalente a un giorno di guerra alle opere di pace, ma non ebbe risposta.
Nel 1954 inviò una lettera al generale Eisenhower (Presidente degli USA) e una al presidente dell’Unione Sovietica, Malenkov, in cui chiese due bombardieri, vendendo i quali si sarebbero potuti curare tutti i malati di lebbra del mondo. Non ricevette riscontro
Nel 1959 inviò una seconda Lettera ai Grandi (Eisenhower e Kruscev) per chiedere nuovamente a entrambi un bombardiere. Ancora nessuna risposta.
10. Solidarietà è … e sensibilizzazione
Come detto, Follereau sei mesi dell’anno li dedicava alla sensibilizzazione delle coscienze, a partire dal mondo politico.
Il 20 settembre 1952 inoltrò una richiesta all’ONU nella quale propose di istituire una Convenzione che sancisse lo statuto dei malati di lebbra e garantisse la tutela dei loro diritti e della loro dignità.
Nel 1953 visitò tutte le capitali europee per l’ennesima campagna verso la stampa, i poteri pubblici e le associazioni filantropiche.
Nel 1962 scrisse una Lettera a tutti i Capi di Stato del mondo, con la quale cercò di coinvolgerli per avviare forti iniziative per la cura della lebbra e della riabilitazione sociale dei malati.
A conclusione, possiamo dire che l’idea di solidarietà in Follereau era molto chiara: non basta liberarsi la coscienza gettando un obolo, ma è necessario impegnare la coscienza a liberare il mondo.
Ciò che muove tutto è il concetto Amare è agire. Se si ama davvero bisogna fare concretamente qualcosa; ma anche si può fare veramente il bene solo se si ama.
Signore, vorrei tanto…
Signore, vorrei tanto aiutare gli altri a vivere.
tutti gli altri, i miei fratelli,
che penano e soffrono senza sapere il perché,
aspettando che la morte li liberi.
Lavorare per poter mangiare,
mangiare per lavorare ancora,
con, alla fine, la vecchiaia e la morte.
No! Non è questa la pace che hai promessa!
Signore, vorrei tanto aiutare gli altri a vivere…
Senza l’elemosina insultante di una sterile compassione.
Impedire ai poveri di morire, è bene,
ma se è per lasciarli morire di fame tutta la vita,
per fare della loro vita una morte senza fine,
divento complice di questo assassinio,
poiché conservo in sovrappiù
ciò che a loro serve per vivere.
Dividere amichevolmente le ricchezze del mondo
è prendere la nostra parte alla tua creazione.
Signore, vorrei tanto aiutare gli altri,
tutti gli altri, i miei fratelli,
che si battono e dibattono nel vuoto.
Lacerarsi, calpestarsi per accumulare,
avidi, con il cuore legato, la coscienza sottomessa,
un po’ di questo denaro miserabile
che fa marcire tanti destini:
o per «guadagnare» — come si dice —
qualche minuto di questo tempo inesistente
in Paradiso:
No! Non è questa la Pace che hai promesso.
Signore, vorrei tanto aiutare gli altri
tutti gli altri, i miei fratelli,
che vacillano nella loro solitudine…
Accordami di consacrare la mia vita
a tentare di liberarli
dalla loro fretta, per raggiungerti,
dal loro tumulto, per ascoltarti,
dalla loro ricchezza, per comprenderti
e dalla loro povera vanità,
per conoscere la pace che tu hai promesso,
se tale è la tua volontà.