Dopo la festa del Battesimo, celebrata settimana scorsa, anche questa domenica il Vangelo si sofferma sulla riva del fiume Giordano dove “il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, Giovanni disse: Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!“.
Il termine ecco nel testo originario greco è un imperativo che si può tradurre con guarda, vedi! Si tratta di un invito che da quel giorno il Battista continua a rivolgere a tutti gli uomini. Anche a noi che oggi lo ascoltiamo durante la Messa.
Ma chi vedere? Colui che toglie il peccato del mondo.
Il verbo “airo” utilizzato da Giovanni può essere tradotto sia con toglie (come fa la versione liturgica); sia con prende su di sé. Entrambi sono da tenere in considerazione per un significato più vicino possibile a quello inteso dall’evangelista.
Il verbo, innanzitutto, è al presente, e indica un’azione che Gesù continua a compiere oggi, nella vita di tutti: togliere, eliminare il peccato, prendendolo su di se.
L’allegoria utilizzata da Giovanni richiama l’agnello pasquale dell’Esodo, il cui sangue asperso sugli stipiti delle porte era segno di liberazione e salvezza (Es 12,7-13), ma anche il Servo sofferente di Isaia, e ancora l’animale offerto quotidianamente al tempio.
L’agnello è di Dio perché appartiene a Dio. Non è un agnello che l’umanità offre a lui, ma che lui dona all’umanità, perché elimini, distrugga il peccato del mondo.
L’invito del Battista è ripetuto in ogni celebrazione eucaristica, prima della comunione, quando il sacerdote mostra ai fedeli l’ostia consacrata. La liturgia invita, così, a riconoscere in quel Pane consacrato la forza capace di vincere il peccato che abita in noi.
Ogni volta che ascoltiamo quest’invito non esitiamo, anche se “non siamo degni di partecipare alla sua mensa“; accostiamoci fiduciosi, aprendo il cuore, perché Gesù possa entrarvi e prendere su di se il nostro peccato per spazzarlo via.
Don Michele Fontana