Abbiamo ancora negli orecchi i canti natalizi di ieri, e già questa mattina nella liturgia il colore bianco cede il posto al rosso del martirio per la memoria di S. Stefano.
La sua celebrazione è fissata al 26 dicembre, subito dopo il Natale, perché nei giorni seguenti alla manifestazione del Figlio di Dio, sono posti i “comites Christi”, cioè i più vicini nel suo percorso terreno e primi a renderne testimonianza con il martirio. Così al 26 dicembre c’ è S. Stefano primo martire della cristianità, segue al 27 san Giovanni Evangelista, il prediletto da Gesù, autore del Vangelo dell’ amore, poi il 28 i Santi Innocenti, bambini uccisi da Erode con la speranza di eliminare anche il Bambino di Betlemme. Secoli addietro anche la celebrazione di san Pietro e Paolo apostoli, capitava nella settimana dopo il Natale, venendo poi trasferita al 29 giugno.
Appartenente al gruppo dei primi sette diaconi nella storia della Chiesa, scelti per il servizio, S. Stefano donò la vita perché seguace di Gesù.
L’inserimento del suo ricordo liturgico il giorno dopo Natale è quindi una catechesi su come vivere la nascita di Gesù e non lasciare che anche quest’anno sia festeggiata a vuoto.
Il primo martire, infatti, ricorda che il Salvatore nasce per essere accolto e amato; insegna con la vita che si ama il Signore servendolo negli altri, e servendo gli altri in lui. Un servizio concreto, che si rivolge ai bisogni e alle sofferenze concrete. Un servizio fatto anche a costo di sacrificio.
Ripetiamoci “Buon Natale”, allora, ma facciamolo con la rinnovata convinzione che Gesù si dona a noi nella carne sofferente di chi vive un bisogno, per essere amato con la concretezza del nostro servizio.
Don Michele Fontana