Nella Sacra Scrittura sono utilizzate molte similitudini tratte dal mondo animale.
Anche Gesù nei suoi insegnamenti parla di pesci, pecore, capre, uccelli, cani, scorpioni, asini, volpi, serpenti, porci, ecc.
Quando si riferisce a sé e alla sua missione salvifica, tuttavia, l’immagine che ricordiamo con più facilità è quella del pastore buono con le pecore.
Il Vangelo di oggi, invece, offre una metafora a noi quasi sconosciuta, eppure è una delle più belle mai utilizzate per esprimere il rapporto di Gesù con noi, se non altro perché parla di sè al femminile (!): la chioccia.
“Gerusalemme, Gerusalemme … quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto“.
Come la chioccia, Gesù sogna di raccogliere i figli di Israele in un abbraccio di tenerezza e protezione, ma gli è reso impossibile dal loro libero rifiuto.
Molto probabilmente si trova sul monte degli Ulivi, da dove può contemplare la città santa. Dinanzi a quella vista soffre nel prevedere il destino di distruzione che si realizzerà tra quarant’anni. Con questo stato d’animo, si rivolge a Gerusalemme.
Il valore simbolico della metafora emerge in tutta la sua bellezza quando ci si accorge che richiama una virtù che si mostra prevalentemente nell’estro femminile: la tenerezza materna, fatta di protezione e accompagnamento, lotta e dolcezza, tenacia e arrendevolezza, delicatezza e solidità, passione e ragionevolezza.
Quest’immagine fa da pendant con l’invito che il Signore stesso fa in un’altra occasione:
“Imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per la vostra vita“.
A noi, impauriti e smarriti, incerti del presente e insicuri sul futuro a motivo dell’incalzare della pandemia e delle crisi economiche e sociali che trascina con se, l’immagine con cui oggi Gesù parla del suo amore nei nostri confronti deve infondere speranza: le sue braccia sono sempre aperte sulla Croce, come le ali di una chioccia, per accoglierci e darci conforto e protezione.
Don Michele Fontana