Secondo la legge di Mosè ogni maschio primogenito era considerato offerto al Signore in ricordo della liberazione dall’Egitto. Pertanto dopo la nascita i genitori dovevano riscattarlo offrendo un sacrificio.
Inoltre, dopo ogni parto la puerpera, poiché aveva avuto perdite di sangue, aveva bisogno di purificarsi attraverso un rituale.
Nella nascita di Gesù le due norme si uniscono, per cui quaranta giorni dopo Natale tutta la sacra famiglia si reca al Tempio di Gerusalemme per la purificazione di Maria e l’offerta del riscatto di Gesù, equivalente a una coppia di tortore o a due giovani colombi.
Oggi, 2 febbraio, trascorsi esattamente quaranta giorni dal 25 dicembre, la Chiesa ricorda questo duplice evento.
La festa è comunemente nota come Candelora perché nella celebrazione liturgica si benedicono le candele, simbolo di Cristo “luce per illuminare le genti”, come venne definito dal vecchio Simeone al momento della presentazione al Tempio.
Le candele accese e benedette all’inizio della S. Messa, che accompagnano il sacerdote in processione nell’ingresso in chiesa, richiamano i cuori che si lasciano accendere dalla luce di Cristo e con lui entrano nella Casa di Dio.
Secondo un’antichissima tradizione popolare queste candele erano portate in casa per essere accese nei momenti di forte pioggia e avverse condizioni climatiche.
Non possiamo confondere la simbologia cristiana con riti pagani o gesti scaramantici.
La tradizione delle nostre nonne, al contrario, mira a riconoscere il significato simbolico del rito: portando nella propria dimora la candela benedetta, ogni fedele sa di accompagnare in casa non un amuleto (per i più superstiziosi) o un semplice astuccio di cera (per i più razionali), ma un simbolo che richiama alla fede la presenza stessa di Gesù.
Accendere quella candela e pregare durante i temporali non è affatto un rito dal sapore pagano capace di far smettere la pioggia, ma un gesto di fede che consola gli spiriti timorosi e in ansia con la convinzione della presenza del Signore che non abbandona nella difficoltà, non lascia nel buio.
Quel gesto simbolico conserva una potenzialità enorme perché può estendersi a tutti i temporali della vita.
Quando si abbatte il vento di burrasca tra marito e moglie; quando la tempesta dell’incomprensione distrugge i rapporti tra genitori e figli; quando le forti perturbazioni economiche mettono a rischio ogni certezza; quando i nubifragi delle malattie sembrano portarsi via affetti e salute; quando il diluvio dei pettegolezzi, delle maldicenze e delle calunnie infanga la dignità e allaga il cuore; quando la cattiveria esonda e il male tracima, accendiamo quella candela per ricordare di porre la luce del Signore al centro della casa.
La luce di Cristo non ci farà sentire soli e al buio: ci sosterrà nei momenti di difficoltà riportando pace nelle nostre vite.
Don Michele Fontana