Nei nostri cuori e nelle nostre pratiche, festa di “Tutti i santi” e “Commemorazione dei defunti” si fondono, quasi a ricordarci che l’orizzonte della morte è la gioia eterna.
Noi crediamo, infatti, che la morte non è l’ultima realtà.
È interessante notare che Gesù usa la parola “Paradiso” sulla croce, quando assicura la salvezza al ladrone pentito: “Oggi sarai con me in Paradiso“.
Attenzione! Non gli promette un luogo, ma una condizione: stare con lui. La vita eterna è stare per sempre in relazione con Gesù.
Anche sulla terra, ciò che tiene in vita è la relazione.
Così, noi rischiamo di far morire una persona, prima ancora che la visiti sorella morte corporale, privandola della ricchezza di una relazione, del piacere dell’incontro.
Parimenti facciamo rimanere vivo un defunto mantenendo la giusta relazione con lui, fatta di preghiera, memoria del suo insegnamento, continuità alle sue opere.
Turbandosi profondamente davanti alla tomba dell’amico Lazzaro e scoppiando in pianto, Gesù autorizza anche noi a sentirci addolorati quando una persona cara se ne va. Egli invita, tuttavia, a credere in Lui, che è la risurrezione e la vita (Gv 11, 25-26).
Noi crediamo, dice Papa Francesco, che nell’orizzonte dell’uomo ci sia un sole che illumina per sempre. Crediamo che i nostri giorni più belli debbano ancora venire. Siamo gente più di primavera che d’autunno. Scorgiamo i germogli di un mondo nuovo piuttosto che le foglie ingiallite sui rami.
Il cristiano sa che la morte è solo passaggio dalla sponda della terra a quella del cielo dove “Dio asciugherà ogni lacrima dagli occhi, e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né fatica, perché le cose di prima sono passate” (Ap 21, 3).
Don Michele Fontana