Insieme ai più stretti discepoli, che con lui condividono le asperità del cammino e l’entusiasmo della missione, Gesù esce dal territorio d’Israele ed entra nella regione di Tiro e Sidòne.
Quando è di ritorno, gli conducono un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. Lo porta in disparte lontano dalla folla, gli pone le dita negli orecchi e con la saliva gli tocca la lingua. Guarda quindi verso il cielo ed emette un sospiro. Poi dice: “Effatà“, cioè “apriti“. E subito a quell’uomo si aprono gli orecchi, si scioglie il nodo della lingua e parla correttamente.
Quel “sordomuto“, incapace di comunicare con gli altri a motivo della disabilità, richiama la condizione di tanti cristiani che, pur godendo delle facoltà fisiche dell’udito e della parola sono incapaci di comunicazione.
In quante famiglie mariti e mogli sono sordomuti, non riescono a dialogare; in quante case genitori e figli sono sordomuti; in quante parentele i congiunti sono sordomuti; in quante amicizie due persone diventano improvvisamente sordomute; in quante comunità i fedeli sono sordomuti; in quanti discorsi coloro che conversano sono sordomuti.
Com’è strano: nell’era della comunicazione social non si riesce a comunicare.
Viviamo in una società prevalentemente di sordomuti.
Gesù, allora, rivolge anche a noi la sua parola: “Effatà“. Apriti!
Sono principalmente le chiusure agli altri, ai loro pensieri, al loro modo di essere, alle loro novità, alle loro convinzioni e condizioni che ci rendono sordomuti.
Possiamo superare l’incapacità di comunicazione solo rompendo i muri.
Apriamoci, allora!
Soprattutto, e innanzitutto, apriamoci a Gesù: ascoltiamo e accogliamo la sua parola che illumina i pensieri!
Don Michele Fontana