La Pentecoste non ha origini cristiane: risale infatti a un’antichissima festa cananaica, chiamata delle Settimane, che in contesto agricolo segnava la fine dei raccolti.
In ambiente giudaico in questa solennità (una delle tre principali del calendario) si faceva memoria del dono della Legge da Dio a Mosè sette settimane dopo Pasqua (anche questo giorno festivo preesistente alla Risurrezione di Gesù).
Negli Atti degli Apostoli l’evangelista Luca narra che “Mentre stava riempiendosi il giorno della Pentecoste … venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano (120 discepoli). Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono riempiti di Spirito Santo“.
L’immagine delle lingue di fuoco proviene probabilmente dalla tradizione giudaica secondo la quale sul Sinai in occasione della consegna dei Comandamenti la voce di Dio si divise in più lingue, addirittura 70 perché tutte le nazioni potessero comprendere (70 erano i popoli della terra secondo una elencazione del libro della Genesi).
Volutamente Luca usa per tre volte il verbo che fa riferimento al riempimento, evocando così l’immagine del vaso che si colma fino a traboccare.
Ciò fa trasparire l’intenzione di dare un messaggio che vada oltre la pura cronaca di quanto accaduto, facendo riferimento al significato che all’epoca aveva il giorno di Pentecoste come commemorazione del dono della Legge.
Potremmo allora parafrasare dicendo che mentre riempiamo, come vaso, le nostre attività della volontà di Dio, i luoghi in cui ci troviamo si riempiono della sua presenza, e le stesse persone si colmano di Spirito Santo.
Don Michele Fontana