“Carissimi, noi amiamo Dio, perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo“.
Con queste parole si apre la lettura biblica della Messa odierna (1 Gv 4,19-5,4).
L’asserzione di Giovanni non ha bisogno di commento: non possiamo credere, o far credere, di amare Dio che non vediamo se non amiamo il prossimo che vediamo.
Il verbo “odiare” nel contesto linguistico dell’epoca può avere più sfumature di significati, e tutte si rivolgono con eguale intensità interpellando le nostre coscienze.
Un primo significato è quello che comunemente diamo anche noi, cioè di volere deliberatamente il male di qualcuno, fino a impegnarsi perché ciò avvenga.
Un secondo significato è quello che possiamo cogliere nel discorso di Gesù:
“Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre … e persino la propria vita, non può essere mio discepolo” (Luca 14,26).
In ebraico e aramaico non si ha il comparativo, ma si usano solo le forme assolute. Così per dire “amare meno” si adotta l’estremo opposto di “amare”, cioè “odiare“. Pertanto la strana affermazione di Gesù dovrebbe più correttamente essere tradotta con:
“Se uno viene a me e non ama di meno suo padre, sua madre … e persino la propria vita, non può essere mio discepolo” (Luca 14,26).
Queste due accezioni mostrano la profondità del messaggio della lettura odierna, invitandoci a tradurlo nel duplice senso:
– Se uno dice: «Io amo Dio» e vuole il male di qualcuno, o addirittura fa il suo male (insulta, calunnia, compie gesti lesivi della sua persona o della sua dignità), è un bugiardo.
– Se uno dice: «Io amo Dio» e ama di meno gli altri, cioè non li onora vedendo in loro il volto del Signore, è un bugiardo.
Don Michele Fontana