La narrazione proposta dal Vangelo di oggi racconta di una folla in agitazione che quasi sommerge i discepoli. All’arrivo di Gesù, la gente corre letteralmente da lui: ci deve essere un serio problema!
Facendo seguito alla richiesta di chiarimenti del Signore, un padre espone la grave situazione del figlio che tanto scompiglio sta portando: “Ha uno spirito muto che, dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce“.
Il caso è serio, anche perché i discepoli avevano fallito nei tentativi di guarigione.
Gesù reagisce rattristato per la mancanza di fede, tuttavia fa portare davanti a se il ragazzo. Dinanzi alle crude manifestazioni della malattia (convulsioni, cade a terra, rotola, schiuma), non si scompone; non è travolto da quanto accade, nè sconvolto da ciò che vede; riesce a mantenere un distacco che gli permette d’intervenire efficacemente.
Instaura un colloquio con il padre che gli narra l’anamnesi della malattia e finisce con implorare il suo intervento. A questa richiesta, Gesù lo invita a passare dalla disperazione alla speranza aprendosi alla fede in lui. L’uomo comprende e grida: “Credo, aiuta la mia incredulità“. È una professione di fede umile, che strappa la grazia.
Quel grido, oggi, è rivolto a ciascuno di noi quando sentiamo venir meno la fiducia dinanzi a problemi e fallimenti.
Quel grido invita ad avere fede, a passare dalla disperazione alla speranza: se Gesù entra nella nostra vita, tutto è possibile, ogni difficoltà può trovare soluzione.
La porta attraverso cui noi andiamo al Signore e il Signore viene a noi, entrando nella nostra vita, è la preghiera. Per questo motivo il brano si conclude con l’affermazione di Gesù ai discepoli che si chiedevano come mai non fossero riusciti nella guarigione: “Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera“.
Don Michele Fontana