Ai tempi di Gesù, come accade spesso anche oggi, difronte a disastri e tragedie la gente si domandava se la fine del mondo stesse per soccombere. Ciò faceva sì che ci fossero persone che decidessero di non lavorare più (come lamenta Paolo ai Tessalonicesi) o che stessero senza far nulla, in sola preghiera (secondo come alcuni interpretano l’invito a non stare fermi a guardare il Cielo in occasione dell’Ascensione).
Gesù afferma con chiarezza che nessuno conosce l’ora della sua ultima venuta e nello stesso tempo preannuncia la storia del mondo come cosparsa di eventi tragici e luttuosi. In questi termini, ad esempio, si esprime nel brano liturgico di oggi, tratto da un suo discorso apocalittico (Lc21,20-28). L’intento non è di suscitare sconforto e paura, ma di animare la speranza inviando a leggere i fatti con occhi differenti.
Le parole conclusive del Vangelo, infatti, sono: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”.
L’invito che giunge fino a noi è, allora, di non abbatterci dinanzi alle difficolta, anche quando queste possano essere disastrose, di non credere che in ogni cosa negativa che accade ci siano segni della fine del “nostro” mondo, ma di aprire gli occhi, risollevarci e alzare il capo.
Non c’è difficolta, sofferenza, problema in cui il Signore non possa intervenire. È lui la nostra liberazione, se solo decidiamo di accoglierlo.
Don Michele Fontana