Tra i gruppi religiosi all’epoca di Gesù ci sono gli integralisti sadducei che interpretano alla lettera i libri della Legge e negano con convinzione la vita dopo la morte.
Alcuni di essi si avvicinano a Gesù con l’intento di ridicolizzare questa “credenza”, e sottopongono una questione, pensata ad arte, di una donna a cui muore il marito. Secondo la legge dell’epoca, per avere discendenza la vedova sposa un cognato. Anche questi muore, così la povera donna convola a nozze con un’altro fratello del marito. E poi con un’altro. E così via, fino a sposare tutti e sette i fratelli.
La domanda beffeggiatoria è automatica:
“Alla risurrezione, di chi sarà moglie?“.
Nel rispondere, Gesù afferma:
“Il Signore è il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi“.
Da queste parole prorompono due bagliori di luce che squarciano la coltre nera che avvolge la morte, aprendo una feritoia sul mistero dell’eternità.
Il primo rivela che dopo la morte gli uomini vivono in Dio.
Per questo, Gesù cita Abramo, Isacco e Giacobbe (Patriarchi d’Israele defunti più di mille anni prima), e ne parla al presente.
Il Signore é il loro Dio.
I defunti sono ancora in vita!
Il secondo annuncia che prima della morte Dio vive negli uomini: agisce, parla, ama, aiuta gli uomini attraverso altri uomini.
Le due verità sono intimamente connesse e non si possono separare: nell’eternità noi vivremo in Dio se nel tempo Dio vive in noi.
Don Michele Fontana