Gesù sta salendo dalla Galilea, regione dove dimora, a Gerusalemme.
Lungo il cammino gli si avvicina una persona, non meglio specificata, che gli chiede: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?“.
Il maestro non entra nel merito. Non è importante chiedersi: “Quanti si salvano?”, ma: “Io mi salvo?”.
Per questo dona una risposta valida per tutti: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta“.
Che cosa vuol dire?
Qual è la porta per la quale dobbiamo entrare?
L’immagine richiama atmosfere domestiche, ambienti abitati da famiglie, luoghi di calore, tenerezza e sicurezza.
Gesù, in pratica, dice che c’è una porta che ci fa entrare nella famiglia di Dio, nel calore della casa del Signore, nel luogo della sua benedizione.
Questa porta è l’amore.
Si tratta di una porta sempre aperta, perché il Signore ha sempre posto per noi nel suo cuore; una porta che attraversiamo ogni volta compiamo un gesto d’amore verso Dio, gli altri, noi stessi o il creato.
È una porta stretta perché è esigente. L’amore è sempre esigente: richiede “sforzo” (come dice Gesù stesso), o “il buon combattimento della fede” (come dice san Paolo scrivendo a Timoteo). Per perseverare nell’amore ci vuole lo sforzo di tutti i giorni, di tutto il giorno.
Quotidianamente passiamo davanti l’uscio di tante porte che invitano a entrare promettendo felicità che dura un istante, si esaurisce in se stessa e non ha futuro.
Il Vangelo di oggi ci invita a porci una domanda:
Io per quale porta voglio entrare?
Don Michele Fontana