“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati“.
L’invito di Gesù risuona, oggi, con tutta la sua forza rivoluzionaria nelle nostre assemblee.
La Chiesa è figlia di questo invito.
Ogni cristiano è missionario di questo invito.
Non possiamo pensarci (tantomeno dirci) fedeli di Gesù se non ci sforziamo (almeno questo!) di vivere l’amore reciproco. Verso tutti. Non solo connazionali, familiari, colleghi, simpatici, intelligenti, attraenti o facoltosi.
“Amatevi gli uni gli altri“.
Il comandamento non ha bisogno di spiegazioni, ma solo di azioni. Può essere compreso da tutti. Deve essere vissuto da tutti. In ogni circostanza, in ogni momento.
Chi dobbiamo amare?
Le persone che percorrono il nostro cammino, e coloro si dirigono per vie differenti.
I viandanti che attraversano le nostre strade, e coloro le cui strade sono attraversate dalle nostre.
Chi abita la nostra vita, e chi vive fuori l’uscio.
Chi è meteora e chi è meteorite.
Come amare?
“Come io vi ho amati” suggerisce Gesù.
Quel “come” è sovrabbondante di significato.
Imitare Gesù, infatti, significa innanzitutto amare senza chiedere nulla, a senso unico, gratuitamente.
Quindi comporta amare tutti, senza distinzioni, poiché Dio “fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti“.
Infine impone di chiedersi in ogni circostanza: “Cosa farebbe Gesù?”.
E’ la domanda per concretare l’amore.
Si può amare “come” Gesù se si ama “con” Gesù, con la sua passione, la sua forza, la sua grazia che si riversa in noi nel dono dell’Eucaristia.
Albert Camus, filosofo e drammaturgo francese, scrisse nel suo Diario:
“Se dovessi scrivere un libro di morale, ci sarebbero cento pagine e novantanove rimarrebbero in bianco. Sull’ultima scriverei: conosco un solo dovere ed è quello di amare“.
Don Michele Fontana