Mercoledi, con l’Epifania abbiamo lasciato Gesù neonato nella fredda mangiatoia di Betlemme.
Dopo solo quattro giorni la liturgia lo fa ritrovare, già trentenne, sulla sponda del fiume Giordano in procinto di farsi battezzare.
Tra le tante cose che sorprendono nella narrazione dell’evento vorrei indirizzare la riflessione su due.
Innanzitutto, emerge evidente il vuoto narrativo nella vita di Gesù: circa trent’anni di assoluto silenzio, se si fa eccezione dell’episodio del ritrovamento a dodici anni nel Tempio.
Un vuoto narrativo che, a pensarci bene, è anch’esso “Vangelo” perché rivela che Gesù è venuto a consacrare e benedire anche i giorni ordinari e le persone “invisibili”, quelle “della porta accanto”, di cui non si parla nei giornali; che non ricevono premi, onorificenze o riconoscimenti; che lottano giorno dopo giorno con le difficoltà della vita.
Nella narrazione del Battesimo, inoltre, lascia straniti vedere il Signore in fila con i peccatori. Quasi come se, ai nostri giorni entrando in Chiesa lo vedessimo in fila ad attendere il turno davanti a un affollato confessionale.
Come? Proprio Lui?
Anche questo è “Vangelo”: se lui, il santissimo, si mette in fila con i peccatori, come non sentirci tutti peccatori, bisognosi di essere perdonati da Dio e dagli altri.
Don Michele Fontana