“Mentre Gesù si allontanava di là, due ciechi lo seguirono gridando”.
Il Vangelo di oggi si apre con una scena drammatica: Gesù si allontana da un luogo, e due ciechi tentano disperatamente di attirare la sua attenzione.
Molto probabilmente a causa della condizione fisica non sono riusciti a giungere in tempo; devono trascinare il loro passo incerto e caracollante nel buio totale della vista. Chissà quanta agitazione mista a emozione accompagna i loro sforzi e accelera il respiro mentre gli sembra che tutto stia svanendo: sentono Gesù allontanarsi; non sono riusciti a giungere in tempo; hanno perso il treno più importante della loro vita. Eppure non demordono. Tirano fuori le ultime energie per trascinarsi ancor più velocemente e, soprattutto, per colmare la distanza che li separa da Gesù gridano: “Figlio di Davide, abbi pietà di noi”.
Vedono in Gesù il Messia, il discendente di Davide e gli chiedono misericordia. In queste parole c’è tutta l’umiltà di chi sa di non meritare ciò che chiede, ma di poter contare sull’amore gratuito di Dio.
Come sottolinea il testo, la richiesta avviene gridando.
Il grido nei Vangeli assume un significato importante, ed esprime il più delle volte la preghiera accorata verso il Padre. È lo stesso verbo, ad esempio, che troviamo sulla croce (“Verso le tre, Gesù gridò a gran voce”); è lo stesso verbo che, secondo Paolo, esprime il modo di rivolgersi a Dio: “Avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre”.
Il grido di quei due ciechi, dunque, racchiude ed esprime la preghiera di ciascuno di noi. Una preghiera gridata perché vuole riempire il divario tra noi e lui, tra la terra e il Cielo, tra il nostro peccato e la sua santità; una preghiera gridata per implorare con tutto noi stessi misericordia e aiuto.
Il grido della vita deve farsi preghiera, consegna fiduciosa al cuore del Padre di ciò che ci turba.
Il grido della preghiera deve farsi vita: le nostre azioni e i nostri gesti possono dare voce alle preghiere o farle zittire, infondere fiato oppure attutirlo.
Don Michele Fontana