Ogni anno nella celebrazione di Tutti i santi il Vangelo propone le Beatitudini proclamate da Gesù nel discorso della montagna.
Secondo lo stile dell’epoca, il primo elemento di un elenco è quello che racchiude tutti gli altri. Così potremmo dire che “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” è la porta d’accesso e la chiave per entrare in tutte le altre beatitudini.
Ma cosa significa essere poveri in spirito?
Innanzitutto vuol dire essere liberi nei confronti delle cose: Gesù invita a uno stile di vita segnato dalla sobrietà, a non cedere alla cultura del consumo.
Si tratta di cercare ciò che è veramente necessario e importante; d’imparare a spogliarci di tante cose superflue e inutili che ci soffocano.
Il Signore, come provvede ai gigli del campo (cfr Mt 6,28), non lascerà che ci manchi nulla.
La situazione sanitaria mondiale legata alla pandemia, a sua volta madre di altrettante crisi (economica, lavorativa, familiare, relazionale, culturale, sociale, psicologica, ecc.) sta gridando a tutti noi la necessità di cambiare stile di vita cercando l’essenziale, evitando tanti inutili sprechi.
La Beatitudine, pertanto, invita a orientare nel modo corretto il rapporto con Dio, con i beni materiali e con i poveri:
– con Dio, perché sprona a fidarci di lui e ad affidarci a lui, imitandone cuore e sentimenti;
– con i beni materiali, perché chiama a un giusto distacco;
– con i poveri, perché chiede di prenderci cura di essi; essere sensibili alle loro necessità rimettendo al centro la solidarietà.
Di fronte a vecchie e nuove forme di povertà, molte delle quali stanno emergendo proprio in questi giorni con un numero crescente di chi non trova speranza per il futuro e rinuncia a impegnarsi perché scoraggiato, deluso e intimorito, abbiamo il dovere di vincere la tentazione dell’indifferenza.
In fondo, “Beati i poveri in spirito” invita a imitare Gesù che “da ricco che era si è fatto povero per arricchire noi” (2 Cor 8,9).
Siamo felici (questo significa beati) ogni volta che ci spogliamo di qualcosa per darla a chi è in necessità. E la prima ricchezza che possiamo offrire all’altro è il nostro tempo!
La santità, cui siamo chiamati dalla festa odierna, parte da questa beatitudine.
Don Michele Fontana