Gesù è invitato a pranzo in casa di uno dei capi dei farisei.
Il Vangelo di Luca ama raccontarlo ospite della gente, dove meglio esprime la sua vicinanza.
Tra gli invitati c’è una persona affetta da idropisia, una malattia che comporta accumulo di liquidi, soprattutto in addome e torace.
Per capire la gravità e la connotazione simbolica che veniva attribuitale, possiamo fare ricorso alla Divina Commedia.
Nel Canto XXX dell’Inferno, infatti, Dante nota un dannato dal ventre così gonfio da sembrare un liuto, se non fosse che al fondo della pancia ha le due gambe. È affetto da idropisia che gli deforma le parti del corpo accumulando liquido nel ventre. Il dannato ha anche le labbra riarse e spalancate per la sete.
L’idròpico è un malato spinto continuamente a bere; ma più beve, meno l’arsura si placa, e lo deforma ulteriormente, aumentandone la sete.
Questa condizione faceva sì che la malattia fosse vista come rappresentativa del peccato di ingordigia, della sete sfrenata di ricchezze.
Soffriamo d’idropisia quando siamo insaziabili di beni: vogliamo sempre l’ultimo cellulare, riempiamo le scarpiera e gli armadi come il ventre di quell’uomo. Ci illudiamo che l’accumulo di oggetti, soprattutto da esibire con selfie e foto, tolga la sete di gioia, serenità e amore che sentiamo dentro.
Al contrario, l’aumentano sempre più, deformando il cuore e togliendo il respiro all’anima.
Chiediamo a Gesù che oggi entri ospite anche nella nostra casa per guarire pure noi da ogni idropisia dello spirito.
Don Michele Fontana