Questa domenica il Vangelo ci riporta all’nizio della vita pubblica di Gesù.
Matteo nel narrare gli eventi ha cura di far emergere come realizzino quanto era stato preannunciato nella Sacre Scritture. Così cita la profezia di Isaia, proclamata nella prima lettura, attraverso la quale il profeta annuncia che l’opera messianica sarebbe partita proprio dalla Galilea.
Gesù compie l’opera del Padre, secondo il pensiero del Padre.
Già questo è un suo insegnamento, prima ancora di ogni predicazione: vivere la vocazione che il Signore dona, secondo il suo pensiero e le due modalità.
Quando, poi, inizia a predicare, richiama alla conversione ponendosi in continuità con Giovanni Battista:
“Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino“.
Il regno dei cieli è la vita stessa di Dio, la sua presenza. Il Signore si fa presente alla vita di ciascuno. Per accoglierlo bisogna convertirsi.
Ma in che modo intendere la conversione?
L’invito richiama alla mia mente un altro versetto della Sacra Scrittura, precisamente dell’Apocalisse di Giovanni, in cui il Signore dice:
“Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Apocalisse 3,20).
Gesù sta alla porta della nostra vita e bussa chiedendoci di farlo entrare.
La conversione allora è ascoltare la sua voce e aprirgli la porta, e anche aprirgli la porta per ascoltare la sua voce.
Ascoltare la sua voce che chiede di aprirgli, permettendogli di entrare nella nostra storia.
Una volta aperta la porta, ascoltare la sua voce che parla ai cuori, e seguire le sue indicazioni.
Don Michele Fontana