Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, a Cafarnao, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Così si apre il Vangelo di oggi (Marco 1, 21-28).
Più volte i testi sacri parlano dell’autorità di Gesù. È lecito allora chiedersi in cosa consista e qual è la sua differenza dal nostro modo di intendere e di vivere l’autorità.
Seguendo il suo esempio comprendiamo innanzitutto che autorità non deve essere confusa con autoritarismo: essere autoritari non significa essere dispotici, prevaricatori, tiranni.
Al contrario, in Gesù autorità era sinonimo di autorevolezza, basata sulla stima, sul credito, sulla fiducia che tutti riponevano in lui.
L’autorevolezza veniva a lui dal fatto che parlava e agiva bene, per il bene e con il bene
- Parlava e agiva bene: si rimaneva affascinati nel sentirlo e nel vederlo; tutto aveva una sua logica d’amore; tutto era così straordinariamente armonioso e armonizzate.
- Parlava e agiva per il bene, mai per umiliare, sottomettere, far soffrire.
- Parlava e agiva con il bene: tutto ciò che insegnava lo mostrava coerentemente nella sua vita. La sua misericordia, il suo sorriso, il suo volto dolce, il suo sguardo amorevole, i suoi gesti luminosi, la sua attenzione a tutti, soprattutto ai più deboli erano la prima vera catechesi.
L’autorità di Gesù accompagni e ispiri ogni nostro ruolo nella famiglia e nella società.
Don Michele Fontana