La quarta domenica di pasqua è detta del Buon Pastore perché la liturgia c’invita a riflettere sul decimo capitolo del Vangelo secondo Giovanni in cui Gesù utilizza la metafora pastorale.
All’epoca l’ovile era un recinto, in legno o pietra, chiuso da una piccolissima porta, molto stretta per permettere alle pecore di passare una alla volta ed essere contate e controllate dal pastore che le chiamava per nome.
La notte un solo guardiano presidiava più ovili, raggruppati nelle vicinanze, Questi, la mattina, quando arrivava il pastore prima del sorgere del sole, riconoscendolo, gli apriva la porta.
Si comprende così l’allegoria che ascolteremo oggi a Messa:
“Chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce“.
Quanta sicurezza c’infonde questa similitudine. Gesù è il nostro pastore, che ci procura il cibo, ci conduce al pascolo, ci cura e ci protegge.
La sera (di ogni giornata e della nostra vita), ci pone al sicuro nel recinto della sua benedizione lasciando un angelo a far da guardiano, per poi venire egli stesso a risvegliarci, condurci “fuori” e attraversare la nostra giornata (quotidiana ed eterna) seguendo la sua voce.
Don Michele Fontana